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L’uso eccessivo dell’illuminazione artificiale è alla base della quasi impossibilità di poter godere della luce naturale delle stelle. Il cielo stellato, per otto italiani su dieci, non è nemmeno un lontano ricordo, ma solo una fantasia fiabesca.
La situazione nel resto del Pianeta non è certo migliore: l’80% della popolazione mondiale non riesce a vedere il cielo stellato, e la percentuale sale addirittura al 99% se si considerano soltanto la popolazione di Europa e Stati Uniti.
Nonostante la Via Lattea sia stata definita Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO non facciamo abbastanza per difenderla, anzi il 60% della popolazione mondiale non riesce nemmeno a vederla.
I dati drammatici emergono da un report pubblicato su Science Advances che disegna il nuovo atlante mondiale dell’illuminazione artificiale notturna.
L’inquinamento luminoso è “alterazione del livello di luce notturna naturale causato da sorgenti di luce controllate dall’uomo” ed è una delle forme di alterazione dell’ambiente più diffuse.
Il problema non affligge solo le aree urbane, ma anche parchi naturali e aree protette “colpite di riflesso” dall’illuminazione delle città, talmente potente da estendersi per centinaia di chilometri, come ad esempio avviene con le luci che illuminano a giorno Las Vegas e Los Angeles, visibili dal Death Valley National Park.
È l’Italia, però, il paese sviluppato dove l’inquinamento luminoso è più diffuso in relazione all’estensione del territorio.
L’argomento è sempre più al centro dell’attenzione degli studiosi in quanto le ricadute di questa particolare forma di inquinamento sulla salute umana sono davvero importanti.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le persone esposte per un numero elevato di ore alla luce artificiale – lavoratori notturni, operatori delle compagnie aeree, etc.-  hanno mostrato una predisposizione maggiore all’insorgenza di tumori. Questo ha determinato la classificazione dell’inquinamento luminoso tra i fattori “potenzialmente cancerogeni”.
L’organismo umano, infatti, funziona in base ad un bioritmo sincronizzato sull’alternanza tra giorno e notte. Nel momento in cui questo equilibrio viene alterato artificialmente possono manifestarsi patologie quali depressione, tumori, diabete, obesità e disturbi del sonno.
L’illuminazione artificiale notturna, sebbene utile, diventa un pericolo per l’uomo quando viene sprecata: secondo alcuni studi il 50% dell’energia elettrica utilizzata negli Stati Uniti per illuminare parcheggi e strade pubbliche viene sprecata a causa, tra le altre cose, di sistemi di illuminazione che disperdono la luce prodotta in aree limitrofe invece di focalizzarla solo dove serve.
La misura dello spreco di energia è dato non solo dai costi esorbitanti sostenuti per l’illuminazione artificiale, ma anche dalle tonnellate di CO2 emesse in atmosfera per compensare la quale sarebbe necessario piantare miliardi di alberi ogni anno.
Anche su questo fronte la situazione italiana è una delle meno invidiabili: i Comuni italiani spendono ogni anno un miliardo e 800 milioni di euro di elettricità, di cui due terzi per l’illuminazione pubblica.
Il nostro è il Paese europeo che spende di più: in media ognuno di noi consuma 100mila kWh ogni anno, il doppio dei Tedeschi, degli Inglesi e un terzo in più rispetto ai Francesi.
La soluzione al problema sta nell’adozione di comportamenti più virtuosi sia a livello collettivo che individuale, andando ad individuare ed eliminare gli sprechi, rendendo più efficiente la gestione dei consumi di energia a partire dalle abitazioni.

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