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Dal recupero di vecchie esperienze all’applicazione delle moderne tecnologie: sono tanti gli esempi che dimostrano che le persone stanno prendendo coscienza del loro impatto sulla terra e sono alla ricerca di un lifestyle più sostenibile.
Le città continuano inesorabilmente a crescere e a sottrarre spazio alla natura ed al territorio circostante. La popolazione mondiale è destinata ad aumentare e sempre più persone decidono di vivere nelle città: è un processo inarrestabile e proprio per questo è necessario ripensare lo sviluppo urbano in un’ottica di integrazione sostenibile con il paesaggio.
Al contrario, invece, la superficie coltivata, per effetto del cambiamento climatico, dei disastri naturali e dell’avanzamento delle città è sempre più piccola.
La questione non tocca solo aspetti quali la tutela del patrimonio paesaggistico, la sicurezza dei territori in cui viviamo, l’impatto ambientale delle attività umane e la loro sostenibilità, ma anche il tema della nutrizione. Già oggi ampie fasce della popolazione mondiale non hanno cibo sufficiente al proprio sostentamento: come si farà in futuro a nutrire un numero maggiore di persone con un territorio sempre più eroso?
Un tentativo di trovare una soluzione a tutte queste problematiche o, perlomeno, di fare in modo che vi sia una presa di coscienza collettiva finalizzata ad innestare un’inversione di marcia, sono le ultime tendenze green rappresentate da boschi verticali, orti urbani, social farming, agricoltura indoor e vertical farming.
Dei primi avevamo già parlato in un precedente post; dei secondi, invece, ci occupiamo in questo articolo.

Orti urbani

Il concetto di “orto urbano” viene da lontano: i primi orti in città risalgono al secondo dopoguerra ed erano legati alla necessità delle persone di procurarsi l’autosostentamento in un mondo che la guerra aveva completamente distrutto.
Negli ultimi anni, però, si è assistito ad una loro rapida diffusione sia per iniziativa di soggetti istituzionali, sia per iniziativa di privati.
Molti enti locali, in Italia e all’estero, mettono a disposizione appezzamenti di terra in maniera del tutto gratuita ai cittadini che vogliano prendersene cura ed avviare una piccola coltivazione di ortaggi per l’autoconsumo. Tra gli esempi più conosciuti vi sono l’“Or. To.” A Torino o Allmende Kontor di Berlino, nato dalla riqualificazione del vecchio aeroporto di Tempelhof.
Anche le “archistar” o i semplici studi di architettura, sempre più, prevedono nei loro progetti di edilizia residenziale la realizzazione di orti “collettivi” gestiti dagli inquilini degli appartamenti i quali, poi, si dividono il frutto del proprio lavoro “sul campo”.

Agricoltura indoor e vertical farming

Queste tecniche sono la versione “indoor” e moderna degli orti urbani.
Dove, infatti, non è possibile (principalmente per questioni di spazio) utilizzare degli appezzamenti di terra per destinarli alla coltivazione collettiva, si adottano soluzioni più ingegnose grazie, anche all’aiuto delle moderne tecnologie.
È possibile, così, coltivare in verticale ottimizzando l’utilizzo di spazi ridotti e riducendo quello di acqua e fertilizzanti chimici. La qualità degli ortaggi ottenuti non ha nulla da invidiare a quelli coltivati con tecniche tradizionali.
Nasce in questo modo un sistema di approvvigionamento alimentare nuovo, che sta riuscendo a soddisfare il fabbisogno nutrizionale di molte persone, ma soprattutto sta instillando nelle menti la necessità di pensare a nuovi modi di vivere il territorio riducendo drasticamente l’impatto su di esso.

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